La valutazione dei coefficienti di dispersione (σx, σy , σz o funzioni sigma diffusive) è un elemento importante per la
determinazione delle concentrazioni come è possibile constatare della soluzione dell’equazione della diffusione adottata nel
modello CALPUFF riportata di seguito:
Dal punto di vista fisico queste funzioni descrivono la diluizione dell’inquinante nelle tre dimensioni spaziali all’interno dei puff in termini di tempo di viaggio e distanza dalle sorgenti.
Il loro valore influisce quindi sul valore finale della concentrazione nei recettori
e risulta quindi importante definirne il
corretto metodo di calcolo in funzione al contesto diffusionale che si sta analizzando.
Il modello CALPUFF fornisce i seguenti tre metodi di calcolo per i coefficienti di diffusione:
Metodo 1: coefficienti di dispersione calcolati utilizzando le variabili micrometeorologiche.
In questo contesto le funzioni diffusive sono definite attraverso le funzioni:
dove:
- σy , σz = deviazioni standard delle componenti trasversali e verticali alla direzione di propagazione del vento (si assume per le componenti orizzontali l’ipotesi
σx = σy) che vengono valutate in funzione della posizione del plume (strato superficiale, strato rimescolato …) e delle condizioni di convettività/stabilità dello strato (si veda in proposito il paragrafo 2.2.1 del Manuale originale
CALPUFF)
- t = tempo di viaggio del plume tra sorgente e recettore
- tly, tlz = scala orizzontale e verticale dei tempi Lagrangiani che definiscono lo stato della turbolenza atmosferica
In presenza di dati meteorologici ben definiti (come ad esempio e dati 3d prodotti da CALMET) questo è il metodo preferibile
per il calcolo dei coefficienti di dispersione in quanto i parametri di turbolenza (u*, w* e L) necessari per la determinazione dei
coefficienti vengono calcolati internamente dal modello attraverso la teoria della similarità di Monin-Obuchov,
teoria che permette di
calcolare i parametri di scala della turbolenza in funzione delle caratteristiche locali sito specifiche del sito di studio senza
ricorrere a parametrizzazioni esterne. Questo metodo permette inoltre di enfatizzare la diffusione dinamica dell’inquinante sul dominio di calcolo.
Questo metodo viene utilizzato anche dal modello gaussiano di seconda generazione AERMOD attuale modello di riferimento US-EPA.
Metodo 2: coefficienti di Pasquill Gifford per aree rurali (equazioni ISC) e coefficienti di McElroy-Pooler per aree urbane.
Questo metodo è quello tradizionalmente utilizzato nei modelli gaussiani di prima generazione o modelli di dispersione passiva
(ISC -WinDimula); le funzioni di dispersione sono dipendenti sia dalla condizione di stabilità atmosferica che dalla distanza
sorgente-recettore
In aree prevalentemente rurali (Pasquill Gifford) si utilizza la formula seguente dove i coefficienti (a, b) e (c, d) sono
definiti rispettivamente nelle tabelle 2.4 e 2-5 del capitolo 2.2.1 del Manuale originale CALPUFF
In aree prevalentemente urbane si utilizzano le formule seguenti (McElroy-Pooler - valori estrapolati da St. Louis Dispersion Study -1968)
Metodo 3: coefficienti di Pasquill Gifford per aree rurali (equazioni MESOPUFF II) e coefficienti di
McElroy-Pooler per aree urbane
Si tratta di un metodo equivalente al Metodo 2 dove però per le aree rurali viene utilizzata la formulazione delle funzioni
sigma diffusive utilizzate nel modello MESOPUFF II (antesignano del modello CALPUFF).
Le funzioni di dispersione utilizzate per aree urbane sono le medesime funzioni di McElroy-Pooler descritte al Metodo 2
mentre per aree rurali sono le seguenti:
dove i coefficienti dipendenti dalla stabilità (ay, by, az e bz) sono riportati nella tabella seguente
L’uso dei dati meteorologici 3d prodotti da CALMET permette di utilizzare il Metodo 1 che ha il vantaggio di fornire
una descrizione continua dell’evoluzione dei puff legata alle caratteristiche sito-specifiche dell’area grazie all’uso delle variabili
micrometeorologiche, metodologia attualmente consigliata sia da EPA negli USA che da ISPRA in Italia.
Utilizzando dati di singolo punto si consiglia l’utilizzo del Metodo 1 nel caso in cui siano disponibili variabili orarie di micrometeorologia
(u*, w*, LMO, Mixh …) valutate da modelli certificati per la loro definizione (es: Aermet, Surfpro …);
in assenza di tali variabili, nel caso in cui vengano utilizzate per le variabili di micrometeorologia ad esempio stime di default, si
consiglia l’utilizzo del Metodo 2.